Mentana
Mentana

- Provincia
- Roma
- Località
- Piazza Giuseppe Garibaldi
- Tipologia
- Museo Civico Archeologico di Mentana e dell’Agro Nomentano
- Autore della scheda
- Zaccaria Mari
Descrizione
Il 7 novembre 2020 è stato inaugurato a Mentana, in piazza G. Garibaldi, nella “Galleria Borghese”, settecentesco edificio nato come scuderia e granaio dell’illustre famiglia (fig. 1), il “Museo Civico Archeologico di Mentana e dell’Agro Nomentano - MucaM”, deliberato dall’Amministrazione Comunale nel 2019 con l’intento di far conoscere l’importanza che il centro latino-romano di Nomentum ebbe nell’area a Nord-Est dell’Urbe compresa fra il Tevere e l’Aniene e valorizzare i reperti da tempo custoditi presso la Biblioteca Comunale. La Soprintendenza ha subito accolto di buon grado la richiesta di realizzare il museo anche perché avvertiva forte l’esigenza di poter disporre di una struttura decentrata ove far confluire materiali archeologici rinvenuti di recente e altri che certamente proverranno da futuri scavi.
Si è quindi proceduto alla schedatura dei reperti, tutti di proprietà statale, curata dalle archeologhe Sara Paoli e Tiziana Sgrulloni (studiose del territorio e socie della sede Monterotondo-Mentana dell’Archeoclub d’Italia), alla loro inventariazione e stima del valore. Acquisito, quindi, il progetto scientifico-museologico e verificata l’idoneità degli ambienti e del piano della sicurezza, la Direzione Generale archeologia, belle arti e paesaggio l’8 aprile 2020 ha decretato il “deposito temporaneo” al Comune di Mentana dei reperti, che, previa stipula della polizza assicurativa, sono stati consegnati ufficialmente il 2 novembre; con tale atto il Comune si è impegnato, attraverso il personale che gestirà e dirigerà il Museo, a preservarli e valorizzarli, ai fini della loro fruizione mirata a promuovere il patrimonio culturale.
Attualmente i reperti sono soltanto una decina (scelti tra i più rilevanti), se si escludono frammenti di oggetti ceramici e in vetro rintracciati nel Museo Garibaldino (MuGa). Va tuttavia precisato che il percorso espositivo si estende sin d’ora anche all’esterno del Museo, ove sono murati nel centro storico medioevale e lungo via Tre Novembre, a mo’ di arredo urbano, ma con l’intento di mostrare l’antichità della terra, numerosi spolia, quali iscrizioni, statue e rilievi funerari.
Il Museo si articola in varie sezioni, allestite nelle campate della navata destra della “Galleria” (fig. 2), che per la modularità degli spazi ben si presta a futuri riallestimenti e accrescimenti. La prima sezione, preceduta da un video con voce narrante e inserti recitati (vi compare, ad esempio, il poeta Marziale che possedette un fundus nel Nomentano), riassume la storia plurimillenaria del municipium romano, già centro del Latium vetus situato però verso la Sabina. Segue la sezione dedicata alle testimonianze dal Foro, ove sono esposte un’ara con dedica al dio Vulcano e una con scolpita una danza orgiastica (fig. 3). Due sezioni sono quindi dedicate al luogo di culto in contrada Vigna Santucci, documentato da finissimi elementi architettonici con decorazione vegetale (figg. 4-5) e blocchi del basamento con fregio figurato. Chiude il percorso la sezione dedicata alla “Sepoltura di Monte Carnale”, rinvenuta nel 1954 a breve distanza a Sud di Nomentum, consistente in un sarcofago liscio in marmo, completo di coperchio, che racchiudeva il corpo, intatto, di una giovane donna vestita di una tunica ricamata in oro e ornata con splendidi gioielli. L’anello e la collana sono oggi al Museo Nazionale Romano, mentre il sarcofago, lasciato in deposito al Comune di Mentana, è ora esposto nel Museo.
Conquistata da Roma già all’epoca di Tarquinio Prisco, Nomentum aderì alla Lega Latina sino alla definitiva sconfitta nel 338 a.C. Ricevuta la piena cittadinanza romana, la vita del municipio, retto da un dictator, fluì tranquillamente per tutta l’età imperiale, quando gli scrittori classici ricordano la ricca produzione di vino, olio, frutta, ortaggi, cui va aggiunta, come risorsa economica primaria, l’industria laterizia favorita dall’abbondanza di acqua e dai banchi di argilla. Al 303 è fissato il martirio dei Santi Primo e Feliciano, seppelliti in un arenario non lontano dal Foro, e alla fine del III-inizi IV secolo risale l’istituzione della sede episcopale. L’Alto Medioevo fu il periodo della decadenza che decretò la scomparsa del centro abitato, forse dovuta alla distruzione ad opera del re longobardo Liutprando (sec. VIII), sancita dall’unione nel X secolo alla diocesi sabina di Forum Novum (Vescovio).
La Nomentum antica non corrisponde alla cittadina odierna, ma sorgeva in loc. Casali di Mentana, ove è stato individuato il centro monumentale, il Foro, alle pendici dell’acropoli (collina di Montedoro). Grazie alla carta archeologica pubblicata da Corrado Pala nel 1976, preceduta da ben pochi validi studi, ad eccezione della ricerca topografica di Thomas Ashby (1906), si conosce a grandi linee l’impianto urbanistico della città con la sua cinta muraria dotata di almeno tre porte, la viabilità urbana ed extraurbana, le necropoli esterne alle mura, i numerosi condotti per rifornimento di acqua. Il Pala ha altresì esplorato la zona fino a Monterotondo e al Tevere, fino a Castelchiodato e verso Guidonia, riscontrando la presenza di numerose villae rusticae e di vari cunicoli di drenaggio, a conferma della florida agricoltura, e rilevando il percorso delle vie principali: la Nomentana, che toccava Nomentum al XIV miglio e proseguiva verso Nord fino a raggiungere la Salaria presso il centro sabino di Eretum, la c.d. “Reatina” (nome medioevale) che da essa si diramava, confluendo ugualmente nella Salaria, e la strada per Tibur. Si aggiungeva come via d’acqua, in diretto collegamento con Roma, il Tevere, distante solo 7 chilometri verso Nord-Ovest.
Questo rapido excursus sull’abbondanza delle testimonianze archeologiche e sullo status delle conoscenze concorre a chiarire come la nascita del Museo sia solo l’inizio di un lungo processo che dovrà vedere la nuova istituzione divenire soggetto attivo nel promuovere ricerche e interventi di restauro e valorizzazione; innanzitutto scavi sull’acropoli e nel Foro, in quest’ultimo caso facilitati dall’essere l’area (ex Villa Dominedò) dal 1966 proprietà statale che la Soprintendenza, in base a un protocollo d’intesa sottoscritto nel 2016, ha affidato al Comune di Mentana, affinché vi svolga attività compatibili con il carattere culturale del bene. Il Foro necessita di essere indagato ben al di là dei limitati sondaggi eseguiti nel 2007-2008 dall’Accademia Danese, come merita un definitivo progetto di valorizzazione, per essere reso finalmente fruibile dopo l’intervento di messa in sicurezza di qualche anno fa, l’attiguo “ipogeo del Romitorio”, ovvero la tomba a camera con dromos, risalente al IV-III sec. a.C., riusata come luogo di culto cristiano e già erroneamente collegata alla sepoltura dei martiri Primo e Feliciano, che si trovava invece sempre lungo la via Nomentana, ma più verso Roma. Prospettive interessanti riserva anche la villa romana nel Parco Comunale dei Cinque Pini, lungo un tratto riportato alla luce della Nomentana, contraddistinta dalla cisterna a due piani detta “La Torretta”, che sarà oggetto di un prossimo intervento di consolidamento.
Il Museo dovrà, inoltre, cercare di riunire i materiali dispersi presso privati e quelli conservati in altri musei. In tale prospettiva si auspica una stretta collaborazione con i musei dei Comuni vicini (Monterotondo-Museo Archeologico e Multimediale, Guidonia Montecelio-Museo Civico Archeologico “Rodolfo Lanciani”, Sant’Angelo Romano-Museo preistorico del territorio tiberino-cornicolano, Palombara Sabina-Museo territoriale della Sabina), non solo per uno scambio di materiali da proporre in mostre, ma anche per l’esposizione, nella sede più idonea, di oggetti utili ad illustrare determinate tematiche. Andrebbe evitata, infatti, la proliferazione in ogni Comune di piccoli musei indifferenziati, a vantaggio di quelli che vogliono darsi una specifica individualità. A tal proposito va chiarito che il Museo di Mentana ambisce ad avere uno spiccato carattere territoriale, in quanto mira a documentare, dalla Preistoria al Medioevo, l’evoluzione e le forme di insediamento dell’ager Nomentanus, che aveva un’ampiezza ben superiore a quella dell’attuale Comune, abbracciando per intero anche i territori di Monterotondo e Fonte Nuova e parte di quelli di Guidonia Montecelio e Sant’Angelo Romano. Nel “MucaM”, quindi, dovranno essere presentati anche i risultati di ricerche e campagne di scavo effettuate nei Comuni limitrofi, come quelle condotte, in regime di concessione ministeriale, dal citato Archeoclub in loc. Tor Mancina, lungo il proseguimento, con relativo sepolcreto, della Nomentana verso Eretum.
Analoga osservazione va fatta per i reperti oggetto di sequestro e restituzione allo Stato a seguito della meritoria azione repressiva svolta dalle Forze dell’Ordine, qualora essi concorrano effettivamente ad illustrare le tematiche museali. E proprio dei reperti recuperati a Fonte Nuova dai Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, provenienti dall’agro nomentano et viciniora, da poco trasferiti in Soprintendenza, il neo-Museo presto si arricchirà.
Per i materiali, soprattutto se di particolare rilievo, esposti nei musei statali – come, ad esempio, i novanta reperti nomentani al Museo Nazionale Romano, di cui circa venti in magazzino – si potrebbe ricorrere a prestiti per mostre temporanee; invece per quelli non esposti sarebbe opportuna la “consegna in deposito” a lungo termine. A tal proposito è auspicabile che il nuovo Museo possa presto ospitare l’eccezionale iscrizione del 136 d.C. su tavola marmorea dalla loc. Montedoro, quasi una “carta d’identità” pervenutaci dall’antica Nomentum, la cui prima notizia fu data nel 1967 dal compianto studioso locale Salvatore G. Vicario. Essa reca la dedica della Respublica Nomentanorum all’imperatore Adriano quale patronus e restitutor degli edifici sacri, iscrizione conservata nei depositi già della ex Soprintendenza archeologica transitati nel 2016 all’Istituto Autonomo Villa Adriana e Villa d’Este di Tivoli.
Solo ricorrendo a calchi si potranno invece ammirare riuniti insieme tutti i blocchi scolpiti del pregevole monumento che sorgeva lungo la via Nomentana circa un chilometro a Nord di Nomentum. Nel 1982 in loc. Casale Santucci furono rinvenuti due blocchi squadrati in calcare e altri frammenti di una grossa base di età tardo-repubblicano/augustea con la raffigurazione a bassorilievo di tori, adorni con vittae legate alle corna e dorsualia, condotti al sacrificio da victimarii coronati di alloro e vestiti del solo limus (fig. 6), forse traduzione in pietra di una solenne cerimonia svoltasi sul posto. È merito della Dott.ssa Margherita Bedello Tata, che pubblicò la scoperta, aver ricongiunto al monumento un altro blocco, con analoga scena di un giovenco condotto al sacrificio (fig. 7), rinvenuto nel 1866 e finito ai Musei Vaticani (Cortile del Belvedere). Molti dubbi permangono sul carattere del monumento, quasi sicuramente pubblico (tempio?), sul motivo della sua costruzione e sulla stessa struttura che forse solo un nuovo scavo potrebbe chiarire, ma sarebbe senza dubbio un grande risultato esporre a Mentana il calco del blocco trovato nell’Ottocento e in Vaticano i calchi dei due blocchi nomentani. L’alto costo dell’operazione l’ha finora impedito, tuttavia non si dispera di poter centrare l’obiettivo in un prossimo futuro.
Bibliografia
T. Ashby, The Classical Topography of the Roman Campagna – II, “Papers of the British School at Rome” 3, 1906, pp. 63-76; S. Vicario, Mentana: cavalcata su tre millenni, Roma 1967; Id., Monterotondo in Sabina, Roma 1970; C. Pala, Nomentum, “Forma Italiae” I, 12, Roma 1976; G. Bordenache Battaglia, Corredi funerari di età imperiale e barbarica nel Museo Nazionale Romano, Roma 1983; S. Passigli, Una questione di topografia cristiana: l’ubicazione della basilica dei SS. Primo e Feliciano sulla Via Nomentana, “Rivista di archeologia cristiana” 61, 1985, pp. 311-332; Ead., La pianta dell’architetto Francesco Peperelli (1618): una fonte per la topografia della Regione Romana, Roma 1989; R. Turchetti, Il territorio di Monterotondo nell’antichità, in Aa.Vv., Monterotondo e il suo territorio, Bari 1995, pp. 33-58; Aa.Vv., Nomentum, Lamentana, Mentana, a cura di S.G. Vicario, Roma 1999; Ritrovamenti e contesti. I reperti archeologici della provincia di Roma nelle raccolte del Museo Nazionale Romano, I, a cura di A. Toro, Roma 2001, pp. 333-340; S.G. Vicario, Fonte Nuova entra nella storia, Roma 2004; P. Togninelli, Monterotondo. Il Museo Archeologico e il Territorio, Dragoni (CE) 2006; S. Greggi, La documentazione epigrafica dell’antica Nomentum, “Annali. Associazione Nomentana di Storia e Archeologia” 2007, pp. 2-87; M.G. Granino Cecere, Mense inscritte da Nomentum, in Lazio e Sabina 6 (Atti del Convegno, Roma 2009), a cura di G. Ghini, Roma 2010, pp. 81-87; C.H. Steffensen, B. Tang, C. Trier, Rapporto preliminare delle campagne di scavo del 2007-2008 nell’area di Nomentum (Mentana, Roma), in Lazio e Sabina 6 (Atti del Convegno, Roma 2009), a cura di G. Ghini, Roma 2010, pp. 69-74; S. Greggi, A. Torresi, Nuovi dati sul territorio nomentano in età romana (Fonte Nuova, Roma), in Lazio e Sabina 8 (Atti del Convegno, Roma 2011), a cura di G. Ghini, Z. Mari, Roma 2012, pp. 61-66; E. Moscetti, Tra Nomentum e Corniculum 1985-2009. Venticinque anni di scoperte archeologiche, scavi e recuperi nel territorio nomentano, cornicolano e della Sabina romana, Monterotondo Scalo 2012, pp. 33-88, 239-271, 305-307, 320-322 (con rinvii bibliografici alle numerose schede pubblicate nella rivista “Annali. Associazione Nomentana di Storia e Archeologia”); S. Paoli, T. Sgrulloni, La via Nomentum-Eretum e il suo sepolcreto, Roma 2012 (a cura di Archeoclub d’Italia, Mentana-Monterotondo); S. Panella, R. Simonetti, Ager Nomentuanus. Nuovi dati sulla viabilità antica, in Lazio e Sabina 10 (Atti del Convegno, Roma 2013), a cura di A. Russo Tagliente, G. Ghini, Z. Mari, Roma 2016, pp. 297-299; Z. Mari, Percorsi viari minori tra Salaria e Prenestina, in Strade secondarie dell’Italia antica, Roma, monumenti, territorio (“Atlante tematico di topografia antica” 31), Roma 2021, p. 188